Beethoven 250 è un percorso tematico sulla produzione di Ludwig van Beethoven per celebrarne i 250 anni dalla nascita. Il progetto di Alberto Batisti e Luca Ber...
Quale eredità Beethoven lasciava ai musicisti dopo di lui? Uno dei musicisti, a Vienna, che portavano a spalla la bara al funerale di Beethoven era Franz Schubert, che però gli sarebbe sopravvissuto solo un anno e mezzo. Quindi si può dire che tutta la sua parabola creativa si svolse all’ombra gigantesca, ma anche decisamente “ingombrante”, di questo ammiratissimo ma inimitabile concittadino. La situazione non fu molto diversa, nella sostanza, per i musicisti della prima generazione romantica. Beethoven era ormai già un monumento, e per partecipare alla sottoscrizione per la realizzazione di un degno monumento al grande musicista scrissero anche Mendelssohn e Schumann.
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21 Le Bagatelle op.119 e op.126 e la Grande Fuga op.134
Dopo la Sonata op.111 e il grande edificio delle Variazioni Diabelli, Beethoven non ha ancora detto la sua ultima parola relativamente al pianoforte. Dopo la giovanile raccolta dell’op.33, Beethoven torna inaspettatamente alla forma “minore” della bagatella con due raccolte: la prima, Undici nuove Bagatelle, op.119, che comprende anche piccoli brani di epoche precedenti; la seconda, Sei Bagatelle, op.126, più interessanti perchè concepite come un piccolo ciclo. L’ultimo ascolto sarà però dedicato alla gigantesca costruzione della Grande Fuga, fedele trascrizione originale di Beethoven per pianoforte a 4 mani della omonima composizione per quartetto d’archi, concepita in un primo momento come movimento conclusivo del Quartetto per archi op.130.
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20 Le Variazioni Diabelli op.120
È questo il momento dell’ultima grande composizione pianistica (ma non ancora l’ultimissima parola) di Beethoven, paragonabile per impegno e dimensioni solo alla Sonata op.106: le Variazioni (per essere esatti Beethoven usa la parola Veränderungen) su un valzer di Diabelli, op.120, la cui vicenda compositiva si protrae per un ampio lasso di tempo, tra il 1819 e il 1823, venendo così a sovrapporsi cronologicamente sia alle tre ultime sonate che ai due grandi progetti sinfonico-corali della Nona Sinfonia e della Missa solemnis. L’occasione nasce dall’idea dell’editore Diabelli di commissionare ai maggiori musicisti del tempo una variazione ciascuno su un tema da lui proposto: Beethoven ne scrisse 33, creando un monumento di quasi un’ora di musica.
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19 Le ultime tre Sonate
Con questa trasmissione, dedicata alle tre ultime sonate – op.109, 110 e 111 – , arriviamo al termine dello straordinario percorso delle 32 sonate (anche se non ancora all’ultima parola dell’opera pianistica). Le tre composizioni nascono da un unico impulso creativo, come un unico grande progetto articolato in tre momenti organicamente complementari fra loro; d’altronde, era appunto questa l’idea concepita dall’autore, quando ne proponeva all’editore Schlesinger la pubblicazione in un’unica uscita. Abbiamo qui l’estremo ripensamento del genere della sonata, che vede il principio dialettico del bitematismo ridimensionarsi a favore di una indagine più profonda, tutta svolta in una dimensione “verticale”, espressa dalle forme monotematiche della variazione e della fuga.
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18 La sonata op.106 Hammerklavier
Con la Sonata op.101 eravamo entrati in pieno nell’ultima stagione creativa, quella che ci riserva un ultimo, radicale ripensamento della forma che ha accompagnato Beethoven per tutta la vita. In concomitanza con una lunga e logorante vicenda personale – la tutela del nipote Karl e le conseguenti diatribe giudiziarie con la cognata – nasce tuttavia un grande progetto di una nuova sonata, di quella che sarebbe stata la più grande e complessa struttura formale concepita finora, di impervia difficoltà esecutiva: l’op.106, spesso chiamata Hammerklavier, della quale il miglior commento resta quello, profetico, di Beethoven stesso: “Una sonata che darà ai pianisti filo da torcere quando la si suonerà, tra cinquant’anni”.
Beethoven 250 è un percorso tematico sulla produzione di Ludwig van Beethoven per celebrarne i 250 anni dalla nascita. Il progetto di Alberto Batisti e Luca Berni prevede per tutto l’anno, ogni lunedì alle 18.40, una trasmissione dedicata a Beethoven.
Articolato in sessanta puntate, il progetto è suddiviso in quattro cicli affidati a quattro curatori. Il primo ciclo, a cura di Francesco Dilaghi, esamina l’opera per pianoforte, con particolare attenzione alle Sonate. Il secondo, a cura di Maddalena Bonechi e Marco Mangani, è dedicato ai quartetti per archi. Nel terzo Alberto Batisti illustra le nove Sinfonie, le tre versioni di Fidelio e la Missa solemnis. Infine, nel quarto, Marco Mangani analizza altre composizioni, tra cui trii e quintetti per archi, partiture per fiati e Lieder.
Il progetto è intitolato E gli uomini salirono verso la luce, parole intonate da Beethoven nella cantata Da stiegen die Menschen ans Licht in morte dell’imperatore Giuseppe II. Un’invenzione musicale che confluirà anni dopo nel Fidelio, proprio nell’istante in cui Leonore libera dai ceppi il marito Florestan.
Il pianoforte
a cura di Francesco Dilaghi
Un argomento come “Il pianoforte di Beethoven” suona come un po’ come “La scultura di Michelangelo” o “La pittura di Caravaggio”. Suona, insomma, come qualcosa di enorme, e non tanto per le dimensioni quantitative (in realtà anche per quelle). Ma soprattutto per il valore, per il peso specifico che occupa nella cultura del mondo occidentale. Qualcosa, di conseguenza, di cui tutto è stato studiato, analizzato, sviscerato da studiosi e da interpreti di epoche e di origini geografiche diverse, dal ‘700 a oggi. La bibliografia è sterminata, come la discografia. Di fronte a questo “temibile” stato di fatto, la cosa migliore ci è sembrata quella di lasciare più spazio possibile alla musica stessa. Si è cercato di rendere evidente lo straordinario sviluppo che si dispiega nell’arco di quasi quarant’anni: un momento cruciale nella storia europea, e di conseguenza nella storia della musica.
Un percorso dunque ampio, che si avvicina molto a un’integrale delle opere che vedono protagonista il pianoforte. Con questo strumento Beethoven conobbe i primi successi nella veste di pianista-compositore. Il pianoforte viveva in quegli anni una rapida evoluzione tecnica. La linea guida, la “spina dorsale” di questa nostra esplorazione è costituita dal corpus delle 32 sonate. A questa forma-principe dell’universo beethoveniano si affianca quella, parallela, del concerto per pianoforte e orchestra. E non dimentichiamo le forme più marginali – assolutamente non trascurabili – della variazione, del rondò, della bagatella e della fantasia. L’ordine di questo lungo percorso è dunque quello cronologico della composizione, che non sempre coincide con quello della pubblicazione.
Per gli ascolti, disponiamo di una discografia enorme, che include anche alcune integrali realizzate su copie moderne degli strumenti originali utilizzati da Beethoven. Attingeremo quindi a una vasta selezione di interpreti, da Artur Schnabel – il primo a realizzare una registrazione integrale delle Sonate, negli anni ’30 del ‘900 – fino ai più accreditati di oggi.
a cura di Francesco Dilaghi