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Rame è la serie podcast di una community che vuole sfatare il tabù dei soldi. Nasce all'interno di una piattaforma (www.rameplatform.com) che attraverso i suoi ...

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5 risultati 145
  • Trasformare la mia passione in lavoro mi ha spinto nella trappola della precarietà
    Carmela Massaro ha 38 anni ed è nata in un paese in provincia di Taranto. «Il tema dei soldi ha sempre fatto parte della mia vita: i miei genitori si sono trasferiti a Reggio Emilia in cerca di un lavoro stabile, per mantenersi senza dover chiedere aiuto ai loro familiari». A Reggio Emilia, Carmela vive un’infanzia di rinunce: «Quando dovevamo partecipare a una festa o a un compleanno, molte volte dovevamo rinunciare, perché non c’erano soldi né per la serata, se si teneva in un locale, né per comprare il regalo». Alle medie, gli insegnanti le consigliano di andare in un Istituto professionale, ma Carmela sceglie di iscriversi al liceo, convinta che lo studio avrebbe rappresentato il suo riscatto. Dopo la maturità si iscrive a Scienze Motorie, una facoltà che le avrebbe garantito di lavorare già durante gli studi e di coltivare la sua passione per lo sport.Ma quando entra nel mondo del lavoro, l'aspetta una doccia fredda: lavorare con lo sport è poco remunerativo. «Nonostante avessi una laurea e una specialistica con il massimo dei voti, trovare un lavoro soddisfacente e ben retribuito nel mondo dello sport è stato sempre molto complicato. In palestra ci lavorano tutti, chi per hobby e chi per professione, e questi ultimi devono accettare condizioni che non sono giuste». A peggiorare le cose, quando la figlia ha tre anni si separa dal compagno: «Mi sentivo come una pallina impazzita, dovevo trovare una nuova casa, cercare di guadagnare abbastanza per pagarmi l'affitto, e, visto che ero sola, avevo tutte le spese da gestire». Dopo un periodo di grandi incertezze e grazie all’aiuto di alcuni amici, Carmela si risolleva. Lavora in palestra e come insegnante di sostegno a scuola. Ha un’ottima gestione delle sue finanze, tiene i conti alla perfezione e non sperpera nulla. Però non è felice. È dentro un meccanismo di sopravvivenza che non è quello per cui ha studiato e fatto così tanti sacrifici. Nel frattempo, si lega a nuovo compagno. Lui è un artigiano che ha una piccola azienda che opera nel settore alberghiero. Nei buchi tra figlia, scuola e palestra, Carmela lo accompagna nei suoi giri col furgone, a riparare strumenti dei vari clienti. Scopre così un mondo del lavoro che la affascina, in cui si può guadagnare, in un giorno, ciò che lei faticosamente guadagna in un mese. Quando nell’azienda del suo compagno si apre una posizione da contabile, capisce che è arrivato il momento per lei di fare ciò che ha rimandato a lungo. Cambiare completamente ambito lavorativo.E così, Carmela, una ragazza dinamica, che vive bene all’aria aperta, scova la felicità chiusa in un ufficio. E i soldi, che sono sempre stati uno spauracchio nella sua vita, diventano il suo mestiere. «È stato il primo lavoro che mi ha dato un contratto a tempo indeterminato, quella sicurezza di non dover più correre come una pallina impazzita, riprogrammando la mia vita ogni tre mesi». Carmela si appassiona così tanto alla contabilità che intraprende un nuovo percorso di studi in economia aziendale e management. Un percorso che un giorno, forse, le permetterà di tornare a occuparsi di sport, ma traendone una soddisfazione maggiore.«In futuro, non nascondo che mi piacerebbe moltissimo poter unire queste due anime. Vorrei essere io quella manager, quella responsabile di un team all'interno di un bel movimento sportivo».
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    18:12
  • Episodio 96: Ho ereditato i soldi, ma ho respinto l'idea che non andassero goduti
    Elena Valzania ha 57 anni, vive a Ravenna dove è nata, ed è una naturopata. Cresce in una famiglia che non ha problemi economici, ma è poco avvezza a godere della ricchezza. «Sia io che mia sorella abbiamo beneficiato di una situazione in cui i nostri familiari conducevano vite semplici, risparmiavano e investivano. Infatti, la casa in cui abito l'ho ereditata da loro».A un certo punto, la malattia entra nella storia familiare e si intreccia alle questioni economiche. La nonna "imprenditrice" muore a 56 anni e il papà di Elena si ammala gravemente, per poi morire quando Elena ha 20 anni. «A volte si pensa che l’eredità sia solo una fortuna, ma in realtà va gestita sotto molti aspetti, anche da un punto di vista emotivo». Assieme ai soldi, infatti, Elena eredita anche il modo in cui i soldi sono considerati nella sua famiglia. «La pesantezza della gestione, l'equazione lavoro = fatica..., ma all'epoca non riuscivamo a vederlo. È stato più chiaro solo dopo».Elena fin da piccola si interroga sulle malattie che sembrano accanirsi sulla sua famiglia, sul perché colpiscono alcuni e non altri. Così da grande studia Farmacia, e una volta laureata, si appassiona al mondo dell'omeopatia. Quando inizia a lavorare, le sembra facilissimo rispetto allo studio. Ma il fatto di non provare quella fatica di cui sentiva parlare in famiglia, le fa dubitare del valore da attribuire al suo lavoro. E infatti, quando viene assunta in una cooperativa di Bologna, non negozia lo stipendio.A un certo punto, mentre è alla sua prima maternità, l’azienda viene acquisita da una più grande e si avvia il processo di fusione. Al suo rientro, Elena capisce di essere finita dentro un gioco finalizzato a spingerla alle dimissioni. Nel frattempo, scopre di essere incinta della sua seconda bambina, così decide di non avviare una battaglia legale ma di patteggiare. Chiude la sua carriera aziendale con un licenziamento e un po’ di soldi da parte dell’azienda.Elena non rientrerà più nel mondo ufficiale del lavoro: «Ho continuato a fare molta formazione per me e ho trasformato in vari modi queste conoscenze». I soldi necessari ad andare avanti, però, in un modo o nell’altro, entrano. Ed Elena procede nella sua vita, con una leggerezza sconosciuta ai suoi familiari. Che le è concessa, però, anche grazie all’eredità materiale ricevuta da loro: «Io e mio marito abbiamo sempre avuto questa mentalità di investire su di noi: se avevamo mille euro in più, ci facevamo un viaggio. Diciamo che finora è andata bene, però siamo consapevoli che è importante avere un po' più di progettualità. Forse adesso diventeremo più saggi… ci stiamo dando una regola».
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    18:04
  • Episodio 95: Ero l'avvocatessa dei farabutti. Oggi difendo le vittime di violenza. In gratuito patrocinio
    l gratuito patrocinio è un istituto previsto dalla legge italiana che, dal 2001, consente alle persone con un reddito basso di essere assistite da un avvocato senza dover pagare le sue parcelle, poiché queste sono a carico dello Stato. Dal 2011, questa legge è stata estesa a tutte le donne vittime di violenza, senza alcuna distinzione di reddito. Dietro questa legge, però, ci sono avvocati e avvocatesse che, non solo rinunciano a stipendi stellari, ma a volte aspettano anni per essere pagati dallo stato. Alessia Sorgato è una di loro.Ha 57 anni e abita a Milano. Figlia di un notaio e di una casalinga, viene spinta verso gli studi in Legge, che odia, fino all'incontro col diritto penale. È amore a prima vista e, non appena laureata, inizia subito a lavorare in uno studio molto importante, dove fa una gavetta incredibile. Per dieci anni, si occupa di maxi processi: omicidi, Mani Pulite... A 30 anni è capo del dipartimento e ha una solida esperienza come difensora dei criminali. Quando cambia studio di avvocati, le cose non vanno come sperato. Conscia delle sue possibilità economiche e di uno stipendio fisso, aveva appena acquistato la sua prima casa, quando, dopo un anno, viene licenziata. Indebitata fino al collo e con la pressione di un mutuo da pagare, Alessia prende in affitto un soppalco sopra uno studio di architettura e inizia a esercitare la libera professione. Qui comincia il secondo tempo della sua vita. Per fare cassa inizia a scrivere per alcune riviste del Sole 24Ore: pian piano gli articoli si trasformano in libri. E un giorno, durante la presentazione di un suo libro sullo stalking, la psicologa fondatrice di “Soccorso Rosa”, un centro antiviolenza intraospedaliero di Milano, le chiede di collaborare con lei. Alessia accetta e per la prima volta, si ritrova a difendere le vittime. In dieci anni, assistono più di 400 donne. Alessia si prende l’impegno di informare le donne del loro diritto a essere difese in gratuito patrocinio. «Non tutte le mie colleghe fanno lo stesso. Recentemente, mi hanno raccontato di avvocate che difendono le vittime, ma sconsigliano loro di chiedere il gratuito patrocinio, dicendo che il giudice potrebbe vederle di cattivo occhio.». Eppure, nonostante la grande dedizione e impegno verso la causa, i tempi per ricevere il pagamento dallo Stato sono lunghissimi, con l'attesa che può protrarsi per anni prima che venga riconosciuta una retribuzione per ogni singolo processo. Ma che cosa spinge Alessia ad andare avanti nonostante tutto? «La soddisfazione più grande che ho è che molte donne le salviamo fisicamente, anche se non lo faccio da sola, perché il percorso di presa in carico di una vittima di violenza coinvolge sempre almeno tre o quattro persone: la penalista, la civilista che la fa separare, la psicologa e le volontarie. In alcuni casi, le ho letteralmente afferrate per i capelli e le abbiamo fatte uscire da situazioni pericolosissime, con uomini che le tenevano con le mani al collo. Questo tipo di risultati mi ripaga enormemente».
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    22:21
  • Rituali 09. Flavia Carlini: «Spendo 800 euro al mese per la mia endometriosi. È quasi uno stipendio»
    Flavia Carlini è un’autrice e divulgatrice italiana, seguitissima sui social. Per anni, ha condotto l’estenuante ricerca di una diagnosi per i suoi dolori lancinanti, tra consulti medici e terapie inefficaci, arrivando a spendere decine di migliaia di euro senza avere risposte. Ma anche quando è riuscita a ottenere una diagnosi, le difficoltà non si sono affievolite. Il trattamento dell’endometriosi, infatti, rimane interamente a suo carico poiché questa malattia, che colpisce una donna su sette, non è ufficialmente riconosciuta dal sistema sanitario nazionale. «Io spendo mediamente 800 euro al mese per trattare tutte le mie malattie. È quasi uno stipendio. Io ho i miei genitori che mi aiutano a pagare tutto e questo è un privilegio gigantesco perché se loro non avessero avuto la possibilità di pagarmi le medicine o quello che il mio stipendio non mi dava, io sarei finita in mezzo a una strada e questo è un prezzo altissimo che io sto pagando in quanto donna». A questa battaglia per il diritto alla salute si intreccia un ulteriore peso: il costo economico e psicologico del dover aderire alle aspettative sociali imposte alle donne. Conformarsi agli standard di bellezza e comportamento richiesti dall’ambiente lavorativo non è mai stata per lei una scelta, ma una necessità che si traduceva in spese significative per abbigliamento, trucco e cure estetiche: «Troppo corto, troppo lungo, troppo aderente, troppo vistoso, troppo colorato, troppo scollato, troppo sottile, troppo spesso. Questo, ogni mattina. La mia premura era di vestirmi in modo tale da non essere molestata». Nonostante il successo sui social e la scelta di vivere di scrittura, Flavia ammette di non aver raggiunto l’indipendenza economica, rinunciando a collaborazioni pubblicitarie per mantenere la sua integrità. «Nella storia della letteratura, la cultura è sempre venuta dai margini. E voi direte: perché se è sempre venuta dai margini non può ancora venire dai margini? Perché oggi c'è il capitalismo, e se non produco, non mangio. E quindi la cultura rimarrà sempre un privilegio di una classe già privilegiata».
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    12:09
  • Episodio 94: Ho riprogrammato i miei pensieri per imparare a dare importanza ai soldi
    Clara Tourres ha 33 anni ed è nata e cresciuta in Francia, in una famiglia di origine spagnola. Da sette anni vive a Napoli, dove lavora come giurista in un’azienda. Fin da quando è adolescente, impara che i soldi si guadagnano con il sacrificio, e così, appena 16enne, inizia a lavorare e non smette più: fa la babysitter, l’hostess, la barista. Mette assieme 1000 euro al mese e nel frattempo, studia Legge. Da sacrificio, i soldi iniziano a significare possibilità, e Clara matura un’importante fiducia sulla sua possibilità di guadagnare e stare al mondo.  All’ultimo anno di università, parte per l’Erasmus a Roma. E qui ha una sorta di epifania circa il luogo in cui vivere: dopo la laurea, infatti, le piacerebbe restare in Italia. Tuttavia, le difficoltà italiane nell’inserimento lavorativo, la costringono a ritornare in Francia, a Parigi, dove  inizia a lavorare come giornalista. Un volta terminato il contratto a tempo determinato, gliene propongono uno a tempo indeterminato. Ma nel frattempo, una sua amica francese che lavora a Napoli, le offre il suo posto in un’associazione che opera nel terzo settore. Lei accetta senza pensarci troppo. Lì guadagna 715 euro al mese e pensa di non aver bisogno di molto di più: «Ero convinta che non avevo bisogno di soldi perché ero una persona che viveva di esperienze, non di cose fisiche». Tre anni dopo, però, Clara la pensa molto diversamente. Si è ormai resa conto che in quell’associazione non avrebbe avuto un aumento ed è andata a lavorare in un’altra, più piccola, dove le cose vanno ancora peggio e per sette mesi non riceve stipendio. Ad aiutarla nel navigare questi mesi difficili c’è il gruzzoletto che aveva messo da parte negli anni. Ma c’è anche un percorso di yoga e meditazione, che sarà fondamentale nella sua storia, perché la aiuterà a darsi il giusto valore.  E infatti, a gennaio 2020, con la pandemia alle porte, Clara riceve un’offerta di lavoro da un’azienda come giurista. E, complice il lavoro fatto sui suoi pensieri, fa una cosa totalmente inaspettata: affronta la sua prima richiesta di aumento salariale. Dai 1.250 euro che le offrono, Clara riesce ad arrivare a 1.600. Arrivata a questo punto del suo percorso, si rende conto di quanto il suo “disinteresse” per i soldi l’avesse portata a doversene preoccupare ancora di più. «Non è detto che, semplicemente perché stai facendo, ce la farai per forza, perché ci sono circostanze esterne che possono essere molto sfidanti e difficili».
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    13:49

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Su Rame

Rame è la serie podcast di una community che vuole sfatare il tabù dei soldi. Nasce all'interno di una piattaforma (www.rameplatform.com) che attraverso i suoi contenuti si pone l’obiettivo di avviare una rivoluzione culturale nella società, che trasformi la finanza personale in un argomento di conversazioni audaci e liberatorie. Annalisa Monfreda, ogni settimana, dialoga con un ospite diverso seguendo il filo della sua storia economica. Parlare di soldi può essere intimo e coinvolgente, rivelatorio ed eccitante. E si finisce sempre per svelare chi siamo e ciò in cui crediamo.
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