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Tutto quello che è successo dopo alcuni dei più noti casi di cronaca nera italiana. Una storia ogni mese, il primo del mese. Un podcast del Post, scritto e racc...

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5 risultati 86
  • Bascapè, 27 ottobre 1962
    Il racconto di questo episodio di Altre Indagini parte da Metanopoli, il quartiere alle porte di Milano sognato e costruito da Enrico Mattei negli anni Cinquanta per i dipendenti della sua azienda, l’Eni, l’azienda energetica (l’acronimo sta per Ente nazionale idrocarburi) di cui era diventato presidente. E termina poco lontano, nella campagna di Bascapè, un paese della provincia di Pavia, dove nel tardo pomeriggio del 27 ottobre 1962 cade l’aereo che trasporta Enrico Mattei. È un incidente, viene dichiarato dopo le prime sbrigative indagini. È un omicidio, decreta alla fine di una seconda indagine il sostituto procuratore Vincenzo Calia, che non riesce però ad arrivare a un indagato: le prove sono state cancellate e non sono più recuperabili. Quella raccontata da Stefano Nazzi e Giulia Balducci è una storia in cui compaiono la mafia, quella italiana e quella italo americana, e le grandi aziende petrolifere americane e inglesi (le cosiddette “sette sorelle”). Compaiono ex partigiani ed ex fascisti. E i dirigenti dell’Eni, prima stretti alleati di Mattei e che dopo iniziarono a contrastarlo. E poi Tommaso Buscetta, uno dei primi e forse il più famoso collaboratore di giustizia di Cosa Nostra. E c’entra anche la sparizione di un giornalista palermitano, Mauro De Mauro, scomparso il 16 settembre 1970 mentre si stava occupando proprio dell’incidente di Bascapè. Al momento della sua morte Enrico Mattei è l’italiano più famoso all’estero: è presidente di un’azienda importantissima e molto potente, ha fondato un quartiere che è praticamente una cittadina, Metanopoli, e un giornale, il Giorno. Grazie a lui arrivano in Italia le stazioni di servizio per come le conosciamo e i motel. Mattei compare su tutte le riviste, fotografato con la moglie, la ballerina austriaca Greta Paulas. Contemporaneamente gli vengono attribuite, con molta fantasia, storie con molte donne famose. Ma Enrico Mattei è anche quello che finanzia i partiti con fondi neri (sono sue le parole «per me i partiti sono come taxi: ci salgo, li pago e poi scendo»), applica metodi discutibili per costruire gasdotti in breve tempo ed elabora strategie piuttosto creative per assicurarsi un accordo per il petrolio iraniano. Anche quella di Enrico Mattei è una delle grandi vicende della storia italiana, che Altre Indagini racconta con gli stessi approcci e rigori applicati alle storie di cronaca nera di Indagini. Le storie di Altre Indagini sono disponibili sul sito e sull’app del Post per le persone abbonate: un modo per ringraziarle per la loro partecipazione al progetto del Post, che fa sì che il Post possa continuare a fare il suo giornalismo in modo gratuito per tutte e tutti. Se vuoi ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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    13:55
  • Senago, Milano, 27 maggio 2023 - Prima parte
    La sera del 28 maggio 2023 un uomo di 30 anni si presenta alla stazione dei carabinieri di Senago, in provincia di Milano. Denuncia la scomparsa della sua compagna, incinta di sette mesi. La donna, di 29 anni, si chiama Giulia Tramontano. In realtà quando viene presentata la denuncia di scomparsa è già morta. L’uomo è Alessandro Impagnatiello, verrà arrestato pochi giorni dopo con l’accusa di averla uccisa. Le indagini si concentrarono su alcune ricerche fatte su Internet da Alessandro Impagnatiello, già a partire dai mesi precedenti, sulla ricostruzione di messaggi WhatsApp e su chi realmente avesse mandato quei messaggi, sui filmati di una videocamera privata di sorveglianza. E soprattutto sulla ricostruzione, grazie alle testimonianze di un’altra ragazza, di cosa era avvenuto nel periodo precedente al delitto. Determinante nel corso del processo fu stabilire in primo luogo se Alessandro Impagnatiello fosse capace di intendere e di volere, se soffrisse quindi di patologie tali da determinarne l’incapacità, ma soprattutto se ci fosse stata o meno premeditazione. L’aggravante della premeditazione comporta un aumento della pena. Su questo punto, e sulla differenza tra premeditazione e preordinazione, l’accusa e la difesa hanno dato interpretazioni diverse. In primo grado i giudici hanno condannato Alessandro Impagnatiello all’ergastolo, riconoscendo le aggravanti della premeditazione e della crudeltà. Hanno spiegato nelle motivazioni della sentenza come e perché sono arrivati a questa decisione. Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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    45:27
  • Senago, Milano, 27 maggio 2023 - Seconda parte
    La sera del 28 maggio 2023 un uomo di 30 anni si presenta alla stazione dei carabinieri di Senago, in provincia di Milano. Denuncia la scomparsa della sua compagna, incinta di sette mesi. La donna, di 29 anni, si chiama Giulia Tramontano. In realtà quando viene presentata la denuncia di scomparsa è già morta. L’uomo è Alessandro Impagnatiello, verrà arrestato pochi giorni dopo con l’accusa di averla uccisa. Le indagini si concentrarono su alcune ricerche fatte su Internet da Alessandro Impagnatiello, già a partire dai mesi precedenti, sulla ricostruzione di messaggi WhatsApp e su chi realmente avesse mandato quei messaggi, sui filmati di una videocamera privata di sorveglianza. E soprattutto sulla ricostruzione, grazie alle testimonianze di un’altra ragazza, di cosa era avvenuto nel periodo precedente al delitto. Determinante nel corso del processo fu stabilire in primo luogo se Alessandro Impagnatiello fosse capace di intendere e di volere, se soffrisse quindi di patologie tali da determinarne l’incapacità, ma soprattutto se ci fosse stata o meno premeditazione. L’aggravante della premeditazione comporta un aumento della pena. Su questo punto, e sulla differenza tra premeditazione e preordinazione, l’accusa e la difesa hanno dato interpretazioni diverse. In primo grado i giudici hanno condannato Alessandro Impagnatiello all’ergastolo, riconoscendo le aggravanti della premeditazione e della crudeltà. Hanno spiegato nelle motivazioni della sentenza come e perché sono arrivati a questa decisione. Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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    54:23
  • Milano, 26 giugno 1984 - prima parte
    Il 26 giugno 1984, intorno alle sei del mattino, Francesco D’Alessio, 40 anni, venne ucciso con due colpi di pistola in un appartamento del centro di Milano. A sparare fu una ragazza americana, Terry Broome, 26 anni, arrivata a Milano con l’obiettivo di lavorare come modella. Sui giornali il delitto venne definito “l’omicidio della Milano bene”. Poi si iniziò a parlare del delitto nella “Milano da bere”, riprendendo uno slogan pubblicitario di successo molto citato negli anni Ottanta. Terry Broome ammise la sua responsabilità, le indagini in questo senso non furono certo difficili. Ma l’attenzione per ciò che era successo contribuì a trasformare il processo in una sorta di indagine sociologica sulla Milano di quegli anni. Si discusse molto dei comportamenti della vittima nei confronti di quella che sarebbe diventata poi la sua assassina e di come e se questi comportamenti potessero prefigurare un’attenuante, e in particolare “l’aver agito in stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui”. Ma si parlò anche molto di alcol e di droghe illegali, nello specifico la cocaina, di uso, abuso e dipendenza e di come quest’ultima influisca sulla capacità di intendere e di volere. Fu un processo seguitissimo, con il pubblico che manifestò più volte simpatia e comprensione nei confronti dell’accusata. I giornali americani scrissero che in realtà a essere processato era un certo stile di vita. Disse il padre di D’Alessio: «Sembra che qui a essere processata sia la vittima, colui che è stato ucciso». Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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    55:55
  • Milano, 26 giugno 1984 - seconda parte
    Il 26 giugno 1984, intorno alle sei del mattino, Francesco D’Alessio, 40 anni, venne ucciso con due colpi di pistola in un appartamento del centro di Milano. A sparare fu una ragazza americana, Terry Broome, 26 anni, arrivata a Milano con l’obiettivo di lavorare come modella. Sui giornali il delitto venne definito “l’omicidio della Milano bene”. Poi si iniziò a parlare del delitto nella “Milano da bere”, riprendendo uno slogan pubblicitario di successo molto citato negli anni Ottanta. Terry Broome ammise la sua responsabilità, le indagini in questo senso non furono certo difficili. Ma l’attenzione per ciò che era successo contribuì a trasformare il processo in una sorta di indagine sociologica sulla Milano di quegli anni. Si discusse molto dei comportamenti della vittima nei confronti di quella che sarebbe diventata poi la sua assassina e di come e se questi comportamenti potessero prefigurare un’attenuante, e in particolare “l’aver agito in stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui”. Ma si parlò anche molto di alcol e di droghe illegali, nello specifico la cocaina, di uso, abuso e dipendenza e di come quest’ultima influisca sulla capacità di intendere e di volere. Fu un processo seguitissimo, con il pubblico che manifestò più volte simpatia e comprensione nei confronti dell’accusata. I giornali americani scrissero che in realtà a essere processato era un certo stile di vita. Disse il padre di D’Alessio: «Sembra che qui a essere processata sia la vittima, colui che è stato ucciso». Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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    58:39

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