Cosa possono raccontarci la mummia di una ragazzina di 4.000 anni fa, un calco di gesso di Pompei, o un oggetto appartenuto alla vittima di un naufragio nel Med...
6. Gli amuleti egizi, tra religione, medicina e magia
Piccoli, colorati e dalle forme più diverse: il Museo Egizio ne ospita diverse centinaia. Sono gli amuleti usati dagli antichi Egizi per proteggere il corpo, in vita come nell’aldilà. Si tratta di oggetti “magici”, specchio dell’identità di quel popolo: persone che, anche se lontane nel tempo e nello spazio, erano esattamente come noi.
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5. Statuette Kongo e bambole Chankay: i resti umani nelle altre culture
I modi in cui le varie società umane, passate e presenti, trattano la morte e immaginano l’aldilà sono diversi. Tutti, però, provano da sempre a dare risposta ad alcuni bisogni universali. A dircelo sono anche gli oggetti, ritrovati in varie latitudini, che fanno parte dei corredi funerari conservati al Museo di Etnografia e Antropologia dell’Università di Torino.
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4. Ricostruzione dell’identità e diritto alla memoria
Che si tratti di antichi romani, santi o naufraghi del Mediterraneo, restituire un nome, una dignità e una memoria ai resti umani è una questione di diritti, e non solo per chi non c'è più. Ed è anche il lavoro quotidiano del Labanof, il Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Università di Milano, che ha da poco inaugurato un museo per raccontarlo.
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3. Un meraviglioso archivio biologico da studiare e conservare
Da un osso del cranio o del bacino, o magari da un dente, ricercatrici e ricercatori dell’Eurac Research di Bolzano, dove si studiano resti umani scheletrici o mummificati di diverse origini e diverse epoche, possono ricavare moltissime informazioni di una persona, come il sesso, l’età, la dieta o le malattie di cui soffriva. Un potenziale informativo oggi disponibile anche grazie a tecnologie sempre meno invasive.
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2. Dallo scavo al magazzino: quando il rinvenimento si fa "rito"
Durante gli scavi, appena vengono rinvenuti resti umani, l’archeologo lascia il posto all'antropologo. Ma a Pompei, dove la furia del Vesuvio uccise oltre mille persone, questo ruolo è particolare: nel Parco Archeologico il metodo scientifico, unito a cure premurose, consente di adempiere, in un certo senso, al rito funebre che quei corpi attendono da duemila anni.
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Cosa possono raccontarci la mummia di una ragazzina di 4.000 anni fa, un calco di gesso di Pompei, o un oggetto appartenuto alla vittima di un naufragio nel Mediterraneo? Attraverso l’osservazione e lo studio dei resti umani, antichi e moderni, archeologi, antropologhe, genetiste e conservatori museali ricostruiscono l’esistenza, l’identità e le abitudini di donne, uomini e bambini, per comprendere meglio come eravamo e come siamo. Ma ci fanno anche interrogare su quanto sia giusto prelevare campioni di ossa per la ricerca o mostrare al pubblico ciò che rimane di quelle spoglie.Una serie del Museo Egizio, scritta e condotta da Giulia Alice Fornaro, e prodotta da Piano P.